Insediata Ambasciata della Fratellanza e del Conforto all'Ospedale Civico Vittorio Emanuele II di Bisceglie
In un tempo in cui la legalità spesso sembra affievolirsi nel frastuono di una società frenetica, c’è chi sceglie di piantare semi di speranza e giustizia nei luoghi più fragili, là dove l’umanità si manifesta nella sua nudità più autentica: negli ospedali.
Così, presso l’Ospedale Civico Vittorio Emanuele II di Bisceglie, è stata ufficialmente insediata una nuova Ambasciata del Parlamento della Legalità Internazionale, intitolata alla Fratellanza e al Conforto. Un gesto simbolico e potente, che unisce l’impegno civile alla tenerezza della cura, la memoria alla compassione.
A sancire l’inizio di questo cammino è stata la celebrazione eucaristica tenutasi nella cappella dell’ospedale, presieduta da Don Gabriele Di Paola, sacerdote dalla sensibilità profonda, che ha fatto della vicinanza ai più deboli una missione di vita. Con commozione e forza spirituale, Don Di Paola ha ricordato come “una società in cui la legge non si rispetta non è destinata a prosperare”. Le sue parole hanno risuonato forti nella memoria collettiva, proprio a 33 anni esatti dalla strage di via D’Amelio, a suggellare un legame tra memoria, impegno e rinascita.
Al termine della messa, è stato il presidente del Parlamento della Legalità Internazionale, Nicolò Mannino, a consegnare ufficialmente la pergamena d’insediamento a Don Di Paola, conferendo così dignità istituzionale a un gesto intriso di valore umano. A tutti i presenti è stato donato il passaporto della bellezza, simbolo di una cittadinanza fondata sulla gentilezza e sull’etica del cuore, e una lettera aperta firmata dallo stesso Mannino dal titolo Liberi di Amare, manifesto di un amore che abbraccia ogni differenza e ogni dolore.
Il contributo decisivo per la realizzazione dell’iniziativa è giunto da due figure centrali del panorama culturale e spirituale italiano: Aldo Alex Caputo, interlocutore della Pontificia Accademia di Teologia, e il dottor Pasquale D 'Addato, già noto per il suo impegno civile e culturale in Puglia. La loro opera ha reso possibile il radicamento di un messaggio così alto in un luogo carico di umanità e sofferenza.
Ma è l’esperienza stessa di Don Di Paola a dare un significato profondo all’iniziativa: sacerdote da sempre vicino agli ultimi, prima tra le sbarre delle carceri, poi tra i letti degli ospedali, ha accompagnato oltre 500 malati di Covid nel loro ultimo viaggio. Il suo entusiasmo sincero e la sua dedizione assoluta sono il volto stesso di quell’ambasciata, la prova vivente che legalità non è solo codice o giurisprudenza, ma gesto quotidiano di giustizia, prossimità e verità.
Mannino ha poi sottolineato il senso più profondo di questa ambasciata: “La malattia ci rende tutti uguali. Ci affratella. E il conforto è l’atteggiamento di chi, come il buon samaritano, sa chinarsi sulle ferite altrui con umiltà e amore.” Il suo ricordo personale della madre, ricoverata due anni fa in un ospedale siciliano simile a quello di Bisceglie, ha trasformato la sua riflessione in una testimonianza toccante. È da quell’esperienza di dolore condiviso che nasce questa ambasciata: come un ponte tra sofferenza e giustizia, tra empatia e dovere.
Non è la prima volta che il Parlamento della Legalità approda in un ospedale. Già presso la Casa Sollievo della Sofferenza, con il supporto di Monsignor Franco Moscone, fu istituita un’altra ambasciata, e in quell’occasione lo stesso Moscone pose al collo di Mannino una croce pettorale identica a quella di don Tonino Bello: gesto denso di significato, che lega la legalità alla profezia evangelica di un cristianesimo fatto di concretezza e accoglienza.
A suggellare la giornata è giunto anche il plauso del Vescovo di Molfetta, Mons. Mimmo Cornacchia, che ha riconosciuto la bellezza e la profondità dell’iniziativa. Le sue parole sono risuonate come un incoraggiamento: continuare a portare la legalità laddove più serve, laddove la sofferenza può diventare occasione di rinascita morale.
Questa ambasciata, tra le corsie e i silenzi dell’Ospedale Vittorio Emanuele II, non è solo un simbolo. È una chiamata. A vivere con responsabilità, a curare con coscienza, ad amare con coraggio. Perché la legalità, quando si fa carne nei gesti quotidiani, non è più solo parola, ma vita che costruisce futuro. E in un mondo smarrito, il futuro ha bisogno di fratellanza e di conforto.
Di Leonardo Lamberto Scaglione