Dobbiamo fare paura a "cosa loro"! Il Parlamento della Legalità Internazionale ricorda Giuseppe Di Matteo

Palermo – Si è svolta questa mattina, presso Brancaccio nell’auditorium del Centro Culturale “Padre Nostro”, la manifestazione liturgica per ricordare il piccolo Giuseppe Di Matteo, prima rapito e poi sciolto nell’acido l’11 gennaio 1996.

A partecipare in prima linea a questa “giornata del ricordo” troviamo l’instancabile Nicolò Mannino, ormai noto come “prof. anti-mafia” e presidente del Parlamento della Legalità Internazionale, insieme a Franca Castellese, mamma del piccolo Giuseppe di Matteo e Francesco Puglisi, fratello del beato Padre Puglisi.

Prima della funzione sacra Nicolò Mannino e Franca Castellese hanno sostato per un momento, raccolti in silenzio e preghiera sul luogo nel quale fu ammazzato Don Pino Puglisi.

Nel Maggio del 1994, Nicolò Mannino fu uno dei primi ad apporre una targa sul portone di casa di Don Pino Puglisi, lì dove fu ucciso. “La mafia è forte, ma Dio è onnipotente”, questo recita il testo della targa donata dal presidente del Parlamento della Legalità Internazionale .

La Santa Messa è stata dedicata a tutti i bambini vittime della violenza ed è stata celebrata da padre Mario Golesano, che ha preso il posto di padre Puglisi subito dopo la sua uccisione.

Alla messa hanno partecipato con sentimenti semplici e veri, i bambini di scuola elementare e della scuola media del Centro Culturale “Padre Nostro” e della scuola “Orestano”.

Non a caso la Messa è stata detta in questo quartiere, a Brancaccio. Un quartiere di Palermo ancora oggi vittima della criminalità. Un quartiere che il 15 Settembre del 1993 vide l’assassinio di Don Giuseppe Puglisi, meglio conosciuto come padre Pino Puglisi, da parte di Cosa nostra il giorno del suo 56º compleanno a motivo del suo costante impegno evangelico e sociale. Fu proprio lui che il 29 gennaio 1993 inaugurò proprio a Brancaccio il centro Padre Nostro per la promozione umana e la evangelizzazione.

La sera del suo omicidio Don Pino Puglisi era a bordo della sua Fiat Uno di colore bianco e, sceso dall’automobile, si era avvicinato al portone della sua abitazione. Qualcuno lo chiamò, lui si voltò mentre qualcun altro gli scivolò alle spalle e lo freddò con un colpo di pistola. Tutto ciò avvenne in pochi minuti intorno alle 22,45 davanti al portone di casa in Piazzale Anita Garibaldi, traversa di Viale dei Picciotti nella zona est di Palermo.

Una vera e propria esecuzione mafiosa quella di Cosa nostra. Un grande gesto d’amore quello di padre Pino Puglisi, martire per la verità.

Quando dopo l’arresto nel ’97 il latitante Salvatore Grigoli, accusato – tra i tanti – anche dell’omicidio di don Pino Puglisi, cominciò a collaborare con la giustizia confessò che la sera del 15 Settembre ’93 era insieme a un altro killer, Gaspare Spatuzza. Ma fu Griglioli ad esplodere il colpo alla nuca. Lui stesso raccontò le ultime parole di Don Pino prima di essere ucciso: un sorriso e poi un criptico “me lo aspettavo”.

merge_from_ofoctUn “me lo aspettavo” di un presbitero, di un uomo di Dio, di un martire. Un “me lo aspettavo” che per forza di cose stride con un “non fatemi del male” dell’allora appena quindicenne Giuseppe Di Matteo, fortemente dimagrito e indebolito per la prolungata e dura prigionia, dopo 25 mesi di prigionia. In 779 giorni di prigionia il piccolo venne spostato in continuazione di “prigione” in “prigione”, fino al giorno in cui Giovanni Brusca, allora latitante e boss di San Giuseppe Jato, ne decretò l’infame condanna a morte, eseguita nel più tragico e agghiacciante dei modi.

Prima strangolato con una corda, poi, cadavere, sciolto nell’acido.

Tragica e dolorosissima la sorte toccata alla famiglia Di Matteo. Un evento che ha insanguinato per sempre la felicità di una madre e un padre, che hanno la “colpa”, imperdonabile per la mafia, di aver detto la verità. La “colpa” di essersi opposti chi ogni giorno ha lavorato per fare di una terra bellissima come la Sicilia, un campo di battaglia pieno del sangue di tanti martiri, uomini, donne e bambini, vittime innocenti della violenza, del silenzio, dell’avidità di piccoli uomini.

Durante la manifestazione, al termine della messa, Franca Castellese, presa dalla commozione non è riuscita a dar voce alle sue emozioni, alle quali però ha dato voce il prof anti-mafia Nicolò Mannino.

“Tutti noi siamo chiamati ad adottare nel nostro cuore il piccolo Giuseppe Di Matteo” ha detto Nicolò Mannino nel suo intervento dopo la messa al fianco di Franca Castellese e Francesco Puglisi, “Dobbiamo fare paura a ‘cosa loro’ (perchè non possiamo continuare a chiamarla ‘cosa nostra’). Non è nostra! Non è nostra questa violenza. Noi non la vogliamo. Da anni il Parlamento della Legalità Internzazionale combatte contro questa mentalità. Un cammino culturale, il nostro, a cui tutta l’Italia – e non solo, noi siamo anche “Internazionale” – è chiamata ad  aderire. Per ricordare tutte le vittime della mafia e per costruire insieme un futuro diverso, di pace. Un nuovo tempo, senza la violenza, senza la piaga dell’omertà. Un tempo dove l’amore sia il collante tra la tragedia e la speranza di un futuro a colori”.

Non a caso sulla tomba di Padre Puglisi, nel cimitero di Sant’Orsola a Palermo, sono scolpite le parole del Vangelo di Giovanni: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).

E’ stata questa la “giornata del ricordo” che ha preso vita oggi a Palermo, e che è fruttifera di progetti per il futuro. Uno fra tutti, la volontà della mamma di Giuseppe Di Matteo, Franca Castellese, di visitare l’ambasciata della Misericordia e del Perdono di Massafra in provincia di Taranto.

Una volontà che viene accolta da Massafra e dai coordinatori regionali della Puglia, Alessio Surano e Antonio Cerbino, con entusiasmo e gratitudine. Una occasione per ascoltare il dolore di una madre e di dare voce al grido di verità e giustizia del piccolo Giuseppe Di Matteo.

 

Pietro Dragone